VICENZA JAZZ 2022: Bill Frisell Trio
Frisell, Scherr e Wollesen al Teatro Olimpico regalano un’ora incantevole di musica
Reportage di Daniela Floris (parole) e Daniela Crevena (foto) – JazzDaniels

Teatro Olimpico, 15 maggio 2022, ore 21
Bill Frisell Trio
Bill Frisell, chitarra elettrica
Tony Scherr, contrabbasso
Kenny Wollesen, batteria
The Days of Wine and Roses parte con poetica delicatezza. Il tema inizialmente è accennato dalla chitarra di Frisell: la batteria sussurra, il contrabbasso, pianissimo, sottolinea e definisce i passaggi armonici fondamentali del brano.
I musicisti si prendono cura della melodia principale come se fosse un oggetto prezioso. Frisell la traspone un’ottava sotto: il suono è più rotondo, e la scelta è quella di rarefare il tema intervallandolo con silenzi che chi ascolta, d’istinto, colma, evocando le note mancanti. Accade così, ascoltando, di diventare quasi parte attiva di quella musica.


Questo accade perché si viene attratti e incantati da un flusso benefico di suoni, che vengono svelati dando importanza e significato a ogni singola nota.
Il finale del brano si percepisce, ma non arriva. Sfuma infatti in un episodio/ponte improvvisato dal sapore armonico e ritmico sospeso. Una sorta di fermata espressiva in cui Frisell, Scherr e Wollesen interagiscono liberamente. I pedali, i loop, creano atmosfere oniriche. L’improvvisazione è libera, i momenti in solo vengono sottolineati ed enfatizzati da piccole, incisive, sottolineature reciproche.

Quando si passa al brano successivo, si torna al procedere “in avanti”: si ridefinisce il tempo, si riaffaccia un tema specifico, se ne connotano la struttura e l’atmosfera. E così, ad esempio, Waltz for Hal Willner comincia con la melodia principale all’unisono tra chitarra e contrabbasso, con la batteria che disegna un 3/4 ben chiaro, anche se denso di sfumature inaspettate.


Frisell cattura con la loop station una piccola cellula melodica: diventerà il tintinnio persistente protagonista del seguente episodio di raccordo. Dopo qualche minuto si riparte in 4/4, il contrabbasso di Scherr passa ad un walkin’ bass, gli accenti della batteria ridiventano chiari, sincopati, noti: eppure la definizione di Jazz, anche per questo episodio, è asfittica. Bill Frisell non fa UN genere di musica: fa musica.


Ascoltarlo è un viaggio evocativo senza confini tra generi. E anche quando sembra di percepire una colonna sonora Western, con la batteria che sembrerebbe simulare galoppo, o una schitarrata country, o un’improvvisazione in stile Free, non si tratta mai di una sterile cartolina musicale. Piuttosto si ha la fortuna di ascoltare un artista che ha sempre amato recepire i suoni intorno a sé e farli propri, mescolandoli alle proprie idee, e creando un linguaggio del tutto nuovo. Questo è ciò che fanno, o dovrebbero fare, del resto, gli artisti.

Scherr e Wollesen sono i compagni ideali per un progetto così fortemente improntato all’ espressività, totalmente lontano dall’esibizione fine a sé stessa. Sanno parlare, interagire, creare, senza alcuna gara a prevalere l’uno sull’altro. Il contrabbasso ha un suono intenso e la capacità di captare e sublimare ogni suono intorno a sé, ma anche stimolare preziosi silenzi.

Come la batteria, che incanta per la misura, anzi, per la perfezione dei suoni. In continuo dialogo emotivo con Frisell e Scherr, Wollesen è irrinunciabile, per le atmosfere che riesce a definire, con la profondità elegante di chi lo strumento lo ama per ciò che può trasmettere più che per dimostrarne pedissequamente tutte le potenzialità tecniche.

We Shall Overcome termina un concerto emozionante, poetico, aperto, colmo di particolari, di cura e attenzioni istintive e non di maniera. Un’ ora e mezzo di musica incantevole, e coinvolgente, oltre che una grande lezione di stile, e non solo pensando alla musica.
I musicisti si abbracciano, sorridendo al pubblico, appagati: il pubblico applaude, sorridendo, appagato.



Di seguito alcune foto del sound check.


