VICENZA JAZZ 2023: Zoe Pia e Tenores di Orosei
Zoe Pia e Tenores di Orosei al Cimitero Maggiore – Indindara

Reportage di Daniela Floris (parole) e Daniela Crevena (foto) – JazzDaniels
Vicenza Jazz The Other Side L’altra metà del Jazz
Cimitero Maggiore, venerdì 19 maggio, ore 00
Zoe Pia & Tenores di Orosei Antoni Milia – Indindara
Zoe Pia: clarinetto – launeddas
Tenores di Orosei Antoni Milia – canto a tenore
Tore Mula
Alessandro Contu
Ivan Sannai
Francesco Mula
Il luogo, l’orario, un grande cimitero a mezzanotte, è di per sé suggestivo. Ma il concerto di Zoe Pia con i Tenores di Orosei sarebbe suggestivo anche su un palco montato a caso sulla Tangenziale Est di Roma all’ora di punta. Sono suoni che assorbono i rumori circostanti, catalizzando l’attenzione, trascinando in un non luogo, un non tempo.

Zoe Pia è una musicista sperimentatrice, ricercatrice di suono. Un’avanguardista. Ma i migliori sperimentatori partono da un legame granitico con le proprie origini: Zoe Pia quel legame non solo lo ha, ma lo coltiva, e, paradossalmente, sperimentando lo nutre. I Tenores di Orosei sono la tradizione. Il legame granitico con la loro terra è naturale. Eppure, anche loro, per il solo fatto di interagire con una artista come Zoe Pia, sperimentano. Non si tirano indietro mai, pur rimanendo fedeli a loro stessi. Accettano di mischiare il proprio suono con altri, apparentemente, alieni. Questo mescolarsi, li fa “autodefinire” e li rende ancora più forti, connotati.
Zoe Pia e i tenores durante il concerto si alternano e si sovrappongono. Gli strumenti e la loop station si intrecciano alle voci.

Clarinetto e voci, prima sperimentazione reciproca: Zoe Pia improvvisa sul canto. Ed è bizzarro, perché quel clarinetto, che fa il controcanto alla melodia sottesa, “occidentalizza” suoni che sfuggirebbero al sistema temperato. Ridisegna, “armonizza” in senso tonale, e il risultato è straniante. Fino a quando quel clarinetto, rimasto solo, diventa tutt’altro che classico: il timbro, con effetti, è fiabesco, onirico. Non so perché mi viene da definirlo boschivo. Non cultura, natura. Quando si rincontra con le voci, ognuno ridiventa sé stesso: il clarinetto strumento classico, le voci tradizione, millenaria, in quel bizzarro straniante incrocio di culture, o di epoche, o di mondi?
Però, qualche brano più tardi, il clarinetto perde la sua voce di strumento colto… grida, stride, respira. Anche quella certezza, cade.

Percussioni e voci, seconda sperimentazione reciproca: Zoe Pia crea uno sfondo, o prima dell’entrata del canto a tenore, o durante, o dopo, o sempre. Il ritmo implicito del canto a tenore, nei suoi episodi cadenzati, si intreccia in una inedita poliritmia con i battiti sul microfono, sul clarino, sulle launeddas. Le campane e i campanacci rievocano paesaggi di pascoli sardi infiniti. Ma possono diventare anche suoni astratti, improvvisamente, inaspettatamente, se filtrate dalla loop station. O anche solo se agitate in sequenze inedite.

Launeddas e voci, terza sperimentazione reciproca: lo strumento più antico, dal suono ancestrale, viene estremizzato, le microvarianti tradizionali diventano intervalli funambolici, e il contrasto con le quattro voci dei Tenores è un ossimoro sonoro. Ma come è possibile? Sono due mondi identici che diventano opposti.

Elettronica e voci, quarta sperimentazione reciproca: i loop, la campionatura di frammenti sonori, la reiterazione di battiti. E, dall’altro lato un canto che continua imperterrito in maniera diacronica, senza interrompersi se non al termine previsto: un canto però che reitera, per sua natura, cellule melodiche.
Se la sfida era riuscire nell’osmosi di due mondi sonori apparentemente opposti, la sfida è riuscita. Non si è assistito, a Vicenza, a un’ardita operazione di facciata. Piuttosto si è stati assorbiti in una viva azione creativa che, da un lato, ha generato nuova musica. Dall’altro ha reso ancora più salde le rispettive origini, comuni e non, degli artisti in gioco. Dimostrando che non c’è rottura e innovazione senza una continuità da infrangere. E che ogni tradizione radicata e vera è abbastanza forte da potersi mettere in gioco senza essere annullata per sempre.