AFRICAN FLOWERS al Torrione Jazz Club di Ferrara
Byron Wallen e Roberto Ottaviano, con Alfonso Santimone, Paolino Dalla Porta ed Enzo Zirilli entusiasmano con un appassionante tributo alla band anglo sudafricana Broderhood of Breath
Reportage di Daniela Floris (parole) e Daniela Crevena (foto) – Jazzdaniels

AFRICAN FLOWERS al Torrione Jazz Club di Ferrara
26 febbraio 2022, ore 21
Roberto Ottaviano, sax soprano e sax alto
Byron Wallen, tromba
Alfonso Santimone, pianoforte
Paolino Dalla Porta, contrabbasso
Enzo Zirilli, batteria
Brotherhood of Breath è stata una iconica band fondata da Chris McGregor, sudafricano bianco, e composta da musicisti sudafricani neri rifugiatisi a Londra negli anni 60 per sfuggire all’ apartheid: un gruppo dal linguaggio totalmente nuovo, che (mi si perdoni la semplificazione) creava commistioni tra il Jazz europeo e la musica tradizionale del Sudafrica.
Roberto Ottaviano introduce il concerto definendo quella compagine musicale una metafora di un mondo, che contiene sofferenza, dolore, ipocrisia, bellezza, grazia.
E c’è molta musica tradizionale all’apertura di questo progetto bellissimo: sgargiante, energica, allegramente sfrontata. Il clima è trascinante.
Il tema all’unisono di sax e tromba dopo l’intro della ritmica è orecchiabile e di impatto immediato. Il groove della batteria connota l’atmosfera. L’assolo di Wallen, costruito sul contrasto tra staccati molto ritmici e note lunghe urlate, è efficace ma anche elegante. Ottaviano ha un suono intenso e coinvolgente. I fraseggi del pianoforte di Santimone sono limpidi e respirano di una creatività del tutto personale, allergica a stilemi prefissati. Il contrabbasso di Dalla Porta, è ferreo, strenuo e strutturante.


Il brano procede alternando crescendo a improvvisi diminuendo, spesso associati ai soli di tromba, e parti in solo, nonché episodi che vedono l’improvvisazione simultanea del quintetto, nonché obbligati (in unisono o a due voci) di tromba e sax.
Durante tutto il concerto, il naturale assottigliarsi dello spessore armonico e dei volumi della compagine durante gli assoli non è mai un silenziarsi piatto e univoco. C’è sempre qualche elemento creativo molto personale a sottolineare la voce che, in quel tratto, diventa protagonista.


Cambio di registro per il secondo brano, dopo un’introduzione di Dalla Porta al contrabbasso: l’atmosfera è più soul.
La tromba di Wallen espone il tema, Ottaviano risponde con il sax alto e un assolo intenso, melodico, mentre Santimone al pianoforte è autore di incursioni continue che non si possono certo definire semplici accompagnamenti. Nell’alternanza di spessore e di dinamiche la batteria di Zirilli definisce l’atmosfera, passando dai mallet, alle spazzole, alle bacchette, e scegliendo di volta di insistere alternativamente su pelli o metalli.


Con l’assolo di Wallen, dopo un momento corposo per volumi e densità armonico – ritmica, l’atmosfera di sfondo diventa più rarefatta. La batteria soffia, il contrabbasso diventa più essenziale, il pianoforte più intimo.

Santimone sfocia poi in un assolo connotato da una continua, positiva tensione, di note e frasi accennate, di cellule melodiche reiterate e mai sprecate ma, al contrario, utilizzate, trasposte, o modificate con il solo cambiare del tocco, timbricamente.

I fiati ripropongono il tema principale, e si passa all’improvvisazione simultanea di tutti: riemergono gli echi della musica tradizionale in un’atmosfera che, allo stesso tempo, riesce a essere free. Si termina con un pianissimo del pianoforte.



La musica prosegue con un incipit della ritmica che sembra in realtà essere un brano già al suo acme: più Jazz che musica sudafricana, tempo sostenuto, volumi sostenuti, fino all’ entrata di tromba e sax soprano all’unisono.
Dopo un solo di tromba intenso e gridato, pianoforte e contrabbasso tacciono, e senza un supporto armonico, naturalmente, la sonorità cambia del tutto. Una trasformazione dell’atmosfera efficace, di grande impatto per chi ascolta, e che dunque crea ancora una volta quella tensione che nella musica è essenziale, e che durante questo concerto non mancherà mai.

Contrabbasso e pianoforte rientrano e segue un altro assolo, stavolta di contrabbasso, nel quale le pause hanno un’importanza sonora uguale alle note: esattamente come poco dopo accade durante l’assolo di batteria.


Il concerto prosegue, e si conclude, senza mai subire un calo di energia, di idee, di spunti. Momenti destrutturati si alternano a episodi di grande sonorità. Quando Wallen predilige la sordina, e percorre una melodia costruita sulla scala armonica minore, Zirilli percuote i tom con i mallets. Negli obbligati a due voci Ottaviano e Wallen appaiono inscindibili. Ma al momento di separarsi si delineano due caratteri molto connotati, difformi: mai incompatibili, però.
In generale questo convivere creativamente sembra la caratteristica precipua di African Flowers: due mondi sonori diversi (quello tradizionale sudafricano e quello jazzistico di stampo più europeo) sono perfettamente riconoscibili e, a un tempo, mirabilmente fusi.




Quale è l’impatto su chi vi scrive?
Dopo una telecronaca certamente non asettica, ma volta soprattutto a descrivere l’andamento di alcune parti del concerto, arriva il momento della descrizione derivante dall’impatto anche, ma non solo, emotivo della musica su chi scrive.
African Flowers è stato un concerto molto emozionante, divertente, denso, creativo, interessante. Oltretutto, è culturalmente importante e meritorio riproporre, in un periodo complesso come quello attuale, musica impegnata così viva, di un passato non così lontano.
Roberto Ottaviano possiede una musicalità e un suono fuori del comune. Il suo sax soprano canta melodicamente senza mai approdare nel comodo o nell’ovvio. Il suo sax contralto è potente ed evocativo. Ha dimostrato di essere un musicista che possiede la capacità di distinguersi e di stagliarsi negli assoli con un suo stile ben definito, ma anche quella opposta di sparire negli impasti sonori diventando tutt’ uno con la tromba di Wallen e con la tessitura completa del gruppo. Pulsa insieme alla musica. Ha una sincerità espressiva che appassiona.

Wallen è capace di urli espressivi e fraseggi rapidissimi, come di momenti intimi e lirici. Sa essere plasmabile, per la ricchezza timbrica. E anche poetico, aggregante, avvincente per tutta la compagine. E’ contagioso, divertente, ma sa essere drammatico. Usa lo strumento da virtuoso ma rifugge da ogni ricercatezza, da ogni artifizio.

Alfonso Santimone stupisce per un pianismo del tutto personale, beneficamente difforme, e per questo risulta fondamentale nel progetto. La sua continua composizione estemporanea va al di là della improvvisazione propriamente detta. Quando decide di procedere reiterando incisive cellule melodiche, quasi frastorna, avviluppa chi ascolta. Ma il loro fragoroso, improvviso frantumarsi sulla tastiera in accordi potenti, dissonanti, glissando velocissimi dal grave all’acuto, scuotono, disincantano, appassionano. Accarezza i temi principali, è capace di swingare quando occorre, ma è una miniera continua di spunti tematici, timbrici, armonici.

Paolino Dalla Porta è un punto di riferimento continuo, in ogni cambio di registro: sa modulare i suoni, i volumi, sa intessere sfondi preziosi ma anche emergere con assoli potenti e incisivi. E’ sempre bilanciato, in un gruppo in cui i contrasti sono continui (e sono la caratteristica specifica del progetto).

Enzo Zirilli dà il groove, il colore, non smette mai di ricercare un timbro, un suono, un tema che esalti l’atmosfera del momento. Spazia dal colorare con le percussioni allo strutturare con un drumming sempre vario, generoso, attento a ogni spunto. Dialoga alternativamente con tutti i componenti del gruppo.

Riprendere in mano penna e macchina fotografica con questo concerto è stato entusiasmante. E cominciare dal Torrione Jazz Club, uno dei club più belli d’Italia, resistente e indomito, una scelta vincente.
Qui sotto altre foto. Come sapete, uno dei nostri motti è che la musica si ascolta anche guardando!
D&D








