Duo Mirabassi – Zanchini al Torrione – Ferrara
Un concerto straordinario in uno dei club più belli d’ Italia. E in totale sicurezza.

Tutte le foto sono di DANIELA CREVENA
Torrione Jazz Club – Ferrara in Jazz
Ferrara, 3 ottobre 2020
Ore 2230
Gabriele Mirabassi: clarinetto
Simone Zanchini: fisarmonica
Ci siamo mosse rispettivamente da Roma e da Bergamo per andare ad ascoltare questi due musicisti che non avevamo ancora mai visto suonare insieme: ci siamo viste a metà strada, e la metà strada era al Torrione. Un club bellissimo che molti di voi conosceranno, e sul quale vale la pena spendere due parole, dato il periodo particolare di emergenza sanitaria dovuto al Covid.
Si parla di chiusure anticipate dei locali, ma in questo caso, ad esempio, si andrebbe a intaccare la perfezione in fatto di sicurezza.
Due set previsti, uno alle 2030, uno alle 2230. All’entrata misurazione della febbre, compilazione di moduli anagrafici, disinfezione obbligatoria delle mani. Posti a sedere rigorosamente distanziati. Mascherina durante il concerto. Ingressi contingentati.
La divisione in due set (impegnativa, di certo, per i musicisti, che alla fine del secondo set si sono comprensibilmente sottratti al bis), e dunque la chiusura del locale alle 0030, permette di assistere agli eventi in sicurezza, distanziati, consente al locale e ai musicisti di poter lavorare nonostante l’emergenza, e a noi pubblico di continuare a vivere quasi normalmente senza rinunciare alla musica.
Locali virtuosi come questo speriamo servano da esempio invece che cadere sotto potenziali mannaie tritatutto.
Fatta questa premessa, ecco il nostro racconto in parole e immagini di una serata di bellissima musica in una location davvero suggestiva.


Il concerto comincia con piccoli richiami reciproci, veri e propri frammenti di suoni, che dopo poco si concretizzano in uno scambio domanda e risposta: la fisarmonica di Zanchini imbastisce un ritmo di danza, quasi una tarantella, il clarinetto risponde, fino a quando i due si intrecciano in maniera sempre più serrata: il susseguirsi di domanda e risposta diventa un flusso continuo, nel quale il clarinetto delinea la melodia mentre la fisarmonica per un po’ svolge una funzione armonico ritmica intensa. Tutto avviene mentre si avvicendano dinamiche anche repentine dal pianissimo al forte, e cambi di tonalità che si avvicendano fluidi, quasi leggiadri.

Le frasi si concludono a volte in maniera decisa, dando il via a episodi completamente diversi: ma, ad un ascolto attento, il materiale armonico, melodico, ritmico ha sempre una continuità preziosa. Nulla si perde. E’ una sorta di carosello circolare, ma con varianti di ogni genere: timbriche, di accenti, di dinamiche.
I lunghi glissando del clarinetto si appoggiano sulla forza intensa, regolare, ricca della fisarmonica. La fusione è perfetta. E quando la fisarmonica rimane da sola, è a questa che spetta l’introduzione di un altro tema melodico, fino a ritrarsi rimanendo in un pianissimo di sottofondo.

Su quel volume sommesso entra il clarinetto, si torna alla struttura domanda e risposta, si torna alla danza , Mirabassi e Zanchini improvvisano, si imitano, si suggeriscono, tornano al tema iniziale.
Zanchini rimane da solo, percussivo, e anche melodico, capace di guizzi armonici dapprima graffianti che si tramutano gradualmente in veri abbracci sonori, morbidi e avvolgenti.
Poi il volume si abbassa di nuovo, e rientra in scena il clarinetto di Mirabassi in unisono con la fisarmonica.

Un lungo brano, dunque, travolgente, ricco di spunti, che a poterlo risentire più volte lascerebbe stupiti per la varietà notevole di colori, suggestioni, punti di partenza e di arrivo.
Il concerto continua con una introduzione del clarinetto solo, che vibra quasi silenzioso sul registro grave dello strumento, un vibrare che a un certo punto riesce a divenire quasi un bicordo. Ed è sempre quasi sommessamente che arriva la fisarmonica, arricchita da effetti elettronici che la fanno percepire come un’eco lontana.
E’ Mirabassi che su questo substrato così lieve presenta un tema melodico struggente. Struggente e perfetto, anzi struggente perché generato da un suono perfetto, puro, lontano, e quel suono perfetto arriva anche poco dopo, quando Zanchini rimane solo e canta la Romagna, le feste di paese, e quel poco di elettronica e di eco dà a tutto il sapore di un racconto antico, di un ricordo distante.


Su una progressione armonica familiare, e che per questo culla chi ascolta , vengono scolpiti sorprendenti temi nuovi, e anche suoni inaspettati, come il fischio della fisarmonica che si aggroviglia con il clarinetto, che dal canto suo non fa altro che sottolineare, attraverso poche note, soltanto le note cardine degli accordi, permettendo al nostro orecchio di avere costantemente un punto di riferimento che non faccia perdere l’orientamento e ci leghi a quella sequenza rassicurante.


Pippo, brano di Zanchini, comincia con un gioco tra fisarmonica e clarinetto, ancora una volta in forma di domanda e risposta, fino a quando una di quelle frasi diventa uno sfondo continuo tenuto da Zanchini, mentre il clarinetto insiste su progressioni cromatiche ascendenti. Il tutto si intensifica, l’ostinato di fisarmonica diventa vorticoso e lo spessore e il volume diventano importanti. Quando rientra il clarinetto i due si assestano ancora su un unisono, un unisono particolare.
I suoni della fisarmonica e del clarinetto, sono simili e differenti. Sono frutto dell’aria che li produce, entrambi, ma questo timbro a volte anche sottilmente diverso (specie nei toni acuti, o gravi) rende l’esperienza dell’ ascolto irresistibilmente attraente. Attraente è proprio la percezione di un unico suono con qualcosa di leggermente dissimile, specialmente durante gli unisoni.
Due strumenti diversi ma simili ma anche due musicisti diversi tra loro che riescono a trovare un modo di esprimersi comune. E il lato comune non è certo il virtuosismo, innegabile, di entrambi, ma la sensibilità sonora raffinatissima, in cui i particolari sono importanti e vengono valorizzati non avendo, come fine ultimo, quel virtuosismo.

Il bellissimo racconto di Mirabassi del suo viaggio notturno attraverso le dune di Jericoacoara, in un buio profondo, descritto come esperienza rivelatrice del potere taumaturgico della musica nel guarire la solitudine, è suggestivo, e fa comprendere quanto per i musicisti, e per chi ama la musica, sia stato duro il lungo periodo di silenzio dovuto all’emergenza sanitaria.
E’ un racconto liberatorio, e non a caso, forse, l’ultimo brano in scaletta esplode di allegria, energia, e festeggia la ritrovata possibilità di poter suonare e ascoltare la musica dal vivo.


Noi abbiamo assistito al secondo set. Zanchini e Mirabassi hanno suonato a lungo, generosamente, nonostante avessero sulle spalle un concerto altrettanto impegnativo e nel quale di certo non si fossero risparmiati.
Con la loro energia abbiamo ritrovato la nostra stessa energia. L’augurio è che in club come il Torrione e con musicisti così appassionati si possa ritrovare, anche in tempi difficili, l’allegria, e l’intensità del vivere insieme la musica, che è essenziale proprio in periodi difficili come quello che stiamo vivendo.



