Alba jazz 13 edizione: Yellowjackets
Prima serata all’ Arena
Le foto sono di CARLO MOGAVERO

ARENA ESTIVA TEATRO SOCIALE, 6 GIUGNO , ORE 21:15
Yellowjackets
Russell Ferrante, pianoforte
Bob Mintzer, sax
Dane Alderson, basso elettrico
Will Kennedy, batteria
L’ Associazione Amici di Alba Jazz e il direttore artistico Fabio Barbero scelgono una fusion di alto profilo con un gruppo storico. Gli Yellowjackets sono sulla scena dagli anni 70 e il motivo è semplice: sono coinvolgenti, suonano benissimo e sanno come catturare l’attenzione di chi li ascolta, in una parola sanno tenere il palco.
E in effetti già dal primo brano il clima della serata si esplicita chiaramente , con il pianoforte di Russell Ferrante che disegna un tipo di sonorità energica, piena, fatta di armonie ben definite unite al virtuosismo di quattro ottimi strumentisti.

Il quartetto si scompone e si ricompone continuamente, sviluppando idee che nascono alternativamente da pianoforte, sax (acustico ed elettronico), basso, batteria. Un’idea la si può inizialmente ascoltare attraverso un unisono tra sax e basso, mentre il pianoforte ne definisce armonicamente l’ambito e la batteria decide il groove giusto: ma dopo poco si compone un trio in cui il sax tace – e allora la stessa idea (cellula melodica, ostinato, citazione, possono essere tante le possibilità) diventa meno evidente impastandosi tra accordi e improvvise omoritmie tra pianoforte e batteria, mentre il basso fa il suo lavoro di impalcatura armonica.

Poi accade che il pianoforte diventi torrenziale e prevalga su tutto fino a quando il quartetto non si ricostituisce nella sua interezza, intensificando i volumi e la timbrica totale.
Un assolo molto suggestivo, con Dane Alderson rimasto solo sul palco, catalizza l’attenzione sul suono singolo del basso elettrico e degli effetti dopo un brano particolarmente veloce e di spessore sonoro imponente: improvvisamente si ascolta la voce dello strumento e si sente anche improvvisamente il silenzio che la circonda, che è esso stesso, paradossalmente suono. Dopo diversi minuti di atmosfera quasi surreale, Alderson richiama con un riff accattivante gli altri sul palco, e si rientra nell’ambito Yellow Jackets.

Durante tutto il concerto Will Kennedy fa un lavoro prezioso con la sua batteria. Decide il groove. Ha un drumming intenso, potente, ma tranquillo, crea una tensione irresistibile, benefica, è decisivo, non deflagra mai: eppure dà impulsi irresistibili. E’ ferreo, suona quasi sempre ad occhi chiusi, concentratissimo, sembrerebbe stare in un suo mondo, e invece compie un ascolto raffinato, e coglie ogni sfumatura di ciò che accade sul palco.

L’ IMPATTO SU CHI VI SCRIVE
Non ho una passione per la fusion, in generale, né per i Yellow Jackets in particolare, nonostante li abbia apprezzati, molto semplicemente, per la loro bravura come musicisti, e innegabilmente alcuni loro brani nel tempo abbiano attratto la mia attenzione.
Devo dire però che questo loro concerto dal vivo, il primo per me, mi ha coinvolta per diversi motivi. La capacità di variare la composizione del gruppo, di cambiare registro (dal funky, al gospel, al jazz, all’insieme di tutto); quella di giocare con le idee reciproche ottenendo un sound divertente, piacevole, curato e rigoroso; gli assoli (in particolare quelli di Dane Alderson e di Will Kennedy), e il drumming particolare di quest’ultimo; l’energia di Bob Mintzer e di Russel Ferrante nel proporre temi che da semplici, sia melodicamente che armonicamente, diventano interessanti proprio per la capacità di confezionarli, proporli, colorarli; tutto questo ha reso il concerto interessante, piacevole e davvero molto divertente.
